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[:it]Mo-Ma Viaggio nel tempo e nello spazio @Roma sala dell’Immacolata[:]

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Siamo andati domenica 21 maggio ad assistere ad un nuovo appuntamento della rassegna “Musica ai Santissimi Apostoli”. Concerto vocale, questa volta. A Roma i concerti di voce solista con accompagnamento strumentale non sono certo una rarità, e vengono spesso declinati in chiave operistica. Orbene, anche in questa circostanza la Camera Musicale Romana ha saputo offrire al pubblico una serata musicale non soltanto gradevole, bensì pure non scontata. Di sicuro non scontata per il repertorio proposto, “Mo-Ma, Viaggio nel tempo e nello spazio”, come recitava il titolo del programma, che ha presentato musiche prese da un arco di tempo lungo poco meno di 350 anni, partendo infatti dall’aria di Ottavia Addio Roma dall’Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi (il “Mo” del titolo), composta nel 1642, per arrivare, sempre a Roma, alla celebre canzone del 1983 Vacanze Romane dei Matia Bazar (il “Ma”). Oltre a ciò, il concerto è stato non usuale anche in merito ad un altro aspetto: la scelta di accompagnare il mezzosoprano Beatrice Mercuri sino ad un certo punto dal clavicembalo, e da quel punto in poi dal pianoforte. Ai due strumenti sedeva il versatile Simone Ori.

Dopo la summenzionata aria monteverdiana, al pubblico sono state proposte altre due arie, attinte dal mondo dell’opera barocca: Se all’amor, ch’io porto al trono dal Giustino di Antonio Vivaldi e L’angue offeso mai riposa dal Giulio Cesare in Egitto di Georg Friedrich Händel. Durante l’esecuzione di quest’ultimo, virtuosistico brano la voce della Mercuri ci ha colpito più che favorevolmente per la potenza con la quale ha reso dei non brevi passaggi in velocità, dove l’agilità vocale non è andata a discapito della perentorietà che ben si confà alla musica e al testo dei passi in questione.

Interessante è stata l’idea di far accommiatare il clavicembalo con una composizione per questo strumento solo, vale a dire le 29 Partite sopra l’aria della Folia, di Alessandro Scarlatti, pubblicate nel 1723.  Dopo questa serie di variazioni validamente eseguite da Ori, il concerto è proseguito con il breve, febbrile, interessante Lied in do minore Als Luise die Briefe ihres ungetreun Liebhabers verbrannte (“Quando Luise bruciò la lettera del suo amante infedele”) di Wolfgang Amadeus Mozart, dove oltre alla passionalità della musica anche il cambio di strumento (entrata in scena del pianoforte) ha dato ulteriore impulso al “viaggio nel tempo”, trasportando gli ascoltatori da sonorità barocche al clima preromantico che pervade il Lied mozartiano.

Il concerto è proseguito con musiche di Hector Berlioz, (la gaia Villanella dal ciclo de “Le notti d’estate” Op. 7), Gioacchino Rossini (Canzonetta Spagnuola) e Maurice Ravel; di quest’ultimo compositore è stata proposta la Pavane pour une enfante defunte per pianoforte solo, seguendo, pensiamo, un’interessante logica che ha permesso al pianoforte, com’era accaduto per il clavicembalo, di avere un momento a lui esclusivamente dedicato, quasi a chiusura della parte “classica” del concerto (dove l’aggettivo “classico” è inteso nel senso generalizzante riferito alla musica colta). Infatti il cambio di atmosfera, e di vocalità, è stato notevole con il passaggio alla canzone I got Rhytm di George Gerswhin, seguita dalla notissima ed italianissima canzone dei Matia Bazar di cui abbiamo scritto all’inizio.

In conclusione, ci è parso che il pubblico si sia sentito perfettamente a proprio agio con il variopinto programma, sicuramente non ortodosso, e altrettanto possiamo dire dei due interpreti, a cui vanno i nostri complimenti per la musicalità e la versalità dimostrate.

Marco Parigi

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